Esistenza di Dio
«Se Dio non esiste, dimostrarne l'esistenza è una sciocchezza; ma se Dio esiste, dimostrarne l'esistenza è una bestemmia.»
Molte argomentazioni circa l'esistenza di Dio sono state proposte da filosofi, teologi e altri pensatori. Questa voce elenca alcune delle argomentazioni più comuni (pro e contro), in particolare quelle che rientrano nell'area della filosofia della religione, e usando una terminologia filosofica, introduce le scuole di pensiero sull'epistemologia dell'ontologia di Dio.
Questioni preliminari
Definizione dell'esistenza di Dio
Un modo per stabilire la validità di una qualsiasi argomentazione riguardo all'esistenza di Dio è quello di esaminare le caratteristiche di tale Dio.
Un approccio a questo problema, seguendo le opere di Ludwig Wittgenstein, potrebbe essere quello di estrarre una definizione di "Dio" dal modo in cui viene utilizzata questa particolare parola. Come usiamo la parola "Dio" o "dei"? Questa linea di ragionamento incontra immediatamente dei problemi se cerca di dare una nozione universale di "Dio", poiché tale parola (e il suo equivalente nelle altre lingue) è stata usata in modi molto differenti lungo tutto il corso della storia umana.
Oggigiorno in Occidente, il termine "Dio" si riferisce tipicamente al concetto monoteistico di un Essere Supremo, ovvero un essere diverso da tutti gli altri. Una definizione comune in questa tradizione afferma che Dio possiede ogni perfezione possibile, incluse qualità quali onniscienza, onnipotenza, e una perfetta benevolenza. Comunque, questa definizione non è l'unica possibile.
Le religioni politeistiche usano la parola "dio" per diversi esseri, che sono tutti ritenuti come esistenti. Alcune mitologie, come quelle di Omero e Ovidio, ritraggono questi dei che discutono, ingannano e combattono l'un l'altro. Il periodo di tempo in cui avvengono questi conflitti (ad esempio, i dieci anni della guerra di Troia), implica che nessuna di queste divinità è onnipotente, né particolarmente benevola.
Il Dio cristiano
Il Dio del Cristianesimo Cattolico (primo dogma) è Uno e Trino, una Sostanza in tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Padre e il Figlio, l'Essere e il Pensiero (il Logos) sono in una reciproca dimensione relazionale, di Amore, espressa (e personificata) proprio dallo Spirito Santo. Dio è eterno, onnipotente, onnisciente, Essere perfettissimo, Creatore dell'Universo, Provvidenza e Salvezza degli uomini, creature poste al vertice dell'ordine del creato.
Il secondo dogma del Cristianesimo è la fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, Verbo eterno del Padre, che si incarnò sotto forma umana, nascendo dalla Vergine Maria. Dopo aver predicato l'Amore infinito di Dio verso gli uomini, portò a compimento la sua missione con la sua passione e morte in croce. Il Padre Lo resuscitò il terzo giorno (Pasqua di Risurrezione), aprendo agli uomini la possibilità della redenzione. Mandò poi lo Spirito Santo sui Suoi discepoli, che andarono a formare la Chiesa.
La metafisica induista
Nel contesto induista, secondo la filosofia della scuola monista dell'Advaita Vedānta, la realtà viene in ultima analisi vista come un essere singolo, senza qualità, immutabile, eternamente beato e completo, chiamato Brahman (o nirguna Brahman, ossia Brahman senza attributi). Il Brahman, pur essendo immanente in tutta la manifestazione, viene visto come qualcosa che sta al di là della comprensione umana, in quanto non possono esistere strumenti cognitivi adatti per comprendere il Brahman all'interno di qualsiasi forma di esistenza duale: l'unico modo per comprendere il Brahman, è riscoprire di essere il Brahman. Quello che percepiamo ordinariamente, ovvero un mondo composto da molti aspetti (dai più grossolani a più sottili), è dovuto all'illusione, ed è difficile, se non impossibile, emanciparsi dall'illusione e concepire il nirguna Brahman. Per renderSi accessibile agli esseri, alla nascita dell'universo Si manifestò come Īśvara (o Saguna Brahman, ossia Brahman con attributi), ossia l'aspetto personale di Dio, il Dio con una personalità e degli attributi, che si mostra ai suoi devoti sotto infinite forme. A Ishvara, a sua volta, vengono ascritte qualità come onniscienza, onnipotenza, e benevolenza.
Il problema del supernaturale
Un problema immediatamente posto dalla questione dell'esistenza di un Dio è che le credenze tradizionali solitamente attribuiscono a Dio vari poteri sovrannaturali. Gli esseri sovrannaturali possono essere in grado di nascondere o rivelare se stessi per i loro scopi, come ad esempio nella storia di Filemone e Bauci.
Le capacità sovrannaturali di Dio sono spesso offerte per spiegare l'incapacità dei metodi empirici di investigarne l'esistenza. Nella filosofia della scienza di Karl Popper, l'asserzione dell'esistenza di un Dio sovrannaturale sarebbe una ipotesi non falsificabile, e quindi chiusa all'investigazione scientifica.
I sostenitori del disegno intelligente credono che esistano prove empiriche che indicano l'esistenza di un creatore intelligente, anche se le loro asserzioni sono rigettate dalla comunità scientifica. Poiché il disegno intelligente si affida ad un ristretto insieme di argomenti correlati al problema della sintonia fine, che non sono ancora stati risolti con spiegazioni naturali. Il creatore implicato dal disegno intelligente equivale al negativamente connotato Dio dei vuoti.
I positivisti logici, quali Rudolph Carnap e A. J. Ayer, vedono qualsiasi discussione sulle divinità come un vero e proprio nonsense. Per i positivisti logici e per gli aderenti a simili scuole di pensiero, affermazioni sulla religione o altre esperienze trascendenti non possono avere un valore di verità, e vengono considerate come prive di senso.
Epistemologia
Non è possibile dire di "conoscere" qualcosa solo perché ci si crede. La conoscenza si distingue dalla fede tramite la giustificazione.
La conoscenza, nel senso di "comprensione di un fatto o di una verità" si può distinguere in conoscenza a posteriori, basata sull'esperienza o la deduzione (si veda metodologia), e in conoscenza a priori derivante dall'introspezione, da assiomi o dall'autoevidenza. La conoscenza può essere descritta anche come uno stato psicologico, poiché in senso stretto non potrà mai esserci una vera e propria conoscenza a posteriori (si veda relativismo). Gran parte del disaccordo circa le "prove" dell'esistenza di Dio sono dovute alle differenti concezioni, non solo del termine "Dio", ma anche dei termini "prova", "verità" e "conoscenza". La credenza religiosa derivante dalla rivelazione o dall'illuminazione (satori), ricade nel secondo tipo di conoscenza, quella a priori.
Conclusioni differenti circa l'esistenza di Dio spesso si fondano su criteri differenti nel decidere quali metodi sono appropriati per decidere se qualcosa è vero o no. Esempi sono:
- la logica conta come prova riguardante la qualità dell'esistenza?
- l'esperienza soggettiva conta come prova per la realtà oggettiva?
- possono la logica o la prova ammettere o escludere il sovranaturale?
Argomentazioni a favore dell'esistenza di Dio
Presentiamo gli argomenti proposti nel corso della storia per giustificare razionalmente l'esistenza di Dio seguendo, quando possibile, l'ordine cronologico.
Argomentazioni metafisiche
Le prove metafisiche sono quelle che poggiano sui primi ed universali principi della ragione, e che pertanto hanno un valore assoluto causando nella mente un'adesione perfetta (certezza metafisica). Tra le più celebri forme in cui queste sono proposte, vi sono l'argomento ontologico di Anselmo d'Aosta e le "cinque vie" di Tommaso d'Aquino, con le quali si prova l'esistenza di Dio come primo motore immobile, prima causa incausata, essere necessario, essere perfettissimo, sapientissimo ordinatore.
L'argomento del Proslogion di Anselmo d'Aosta[1]
«Dunque, o Signore, tu che dai l'intelletto della fede, concedimi di intendere, per quanto tu sai essere utile, che tu esisti come crediamo, che tu sei quello che crediamo. Ora noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore.
O forse non esiste qualche natura siffatta, poiché l'insipiente ha detto in cuor suo: Dio non esiste[2]? Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ode ciò che io dico, cioè qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore, intende ciò che sente dire; e ciò che intende è nel suo intelletto, anche se egli non intende che ciò esiste.
Altro infatti è che una cosa esista nell'intelletto e altro intendere che una cosa esista. Infatti quando il pittore premedita ciò che sta per fare, egli lo ha nell'intelletto, ma non intende ancora che esiste ciò che non ha ancora fatto. Quando poi lo ha dipinto, egli non solo lo ha nell'intelletto, ma intende anche che esiste ciò che ha già fatto.
Dunque anche l'insipiente deve convincersi che almeno nell'intelletto esiste qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore, poiché egli lo intende, quando lo sente dire, e tutto ciò che intende esiste nell'intelletto. Ma certamente ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore non può esistere nel solo intelletto. Infatti, se esiste nel solo intelletto, si può pensarlo esistente anche nella realtà e questa allora sarebbe maggiore.
Di conseguenza se ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste nel solo intelletto, ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore è ciò di cui può pensarsi una cosa maggiore. Questo evidentemente non può essere. Dunque, senza dubbio, qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste sia nell'intelletto sia nella realtà.
Questa cosa dunque esiste in modo così vero che non si può pensare che non esiste. Infatti si può pensare che esista qualcosa che non si può pensare non esistente; ma questo è maggiore di ciò che si può pensare non esistente. Dunque, se ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore può essere pensato come non esistente, ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore non è ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore. E ciò è contraddittorio. Dunque qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste in modo così vero che non si può pensare non esistente.
E questo sei tu, o Signore Dio nostro […].»
Spiegazione
Anselmo d'Aosta è un religioso, ma fornisce una prova detta "ontologica", che dimostra l'esistenza di un essere superiore, solo sulla base di un ragionamento meramente logico. Anselmo definisce Dio come "l'Essere di cui non si può pensare nulla di più grande" e poi passa a dimostrare che questo Essere esiste. Definiamo dunque Dio come un Essere che ha tutte le qualità e il massimo di tutte queste (ossia "di cui non si può pensare nulla di più grande"). Nella nostra mente è possibile concepire quest'Essere. Ad es. non conosciamo l'essere più buono al mondo, ma riusciamo nella nostra mente a concepire l'essenza di una bontà assoluta e insuperabile. Ora bisogna dimostrare che questo Essere esiste. Anselmo fà notare che ciò che esiste nella realtà è più forte di ciò che esiste solo nell'intelletto. L'albero esiste nella realtà e quindi anche nell'intelletto, mentre non tutto quello che esiste nella mente esiste anche nella realtà (ad es. un cavallo alato). A questo punto se quell'Essere definito sopra (Dio) avesse il massimo di tutte le qualità, ma non esistesse nella realtà, giungeremmo ad una contraddizione, nel senso che allora mancherebbe della qualità di esistere e allora deve avere come minimo anche l'esistenza tra le sue qualità, poiché anche l'esistenza è una qualità.
Le cinque vie di Tommaso d'Aquino[3]
«Che Dio esista si può provare per cinque vie.»
La via ex motu
«La prima e la più evidente è quella che si desume dal moto. È certo infatti e consta dai sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale rispetto al termine del movimento; mentre chi muove, muove in quanto è in atto. Perché muovere non altro significa che trarre qualche cosa dalla potenza all'atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all'atto se non mediante un essere che è già in atto. Per esempio, il fuoco che è caldo attualmente rende caldo in atto il legno, che era caldo soltanto potenzialmente, e così lo muove e lo altera. Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto lo stesso aspetto in atto ed in potenza: lo può essere soltanto sotto diversi rapporti: così ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza, ma è insieme freddo in potenza. È dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa. È dunque necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da un altro. Se dunque l'essere che muove è anch'esso soggetto a movimento, bisogna che sia mosso da un altro, e questo da un terzo e così via. Ora, non si può in tal modo procedere all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio.»
La via ex causa
«La seconda via parte dalla nozione di causa efficiente. Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa efficiente di se medesima; ché altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa inconcepibile. Ora, un processo all'infinito nelle cause efficienti è assurdo. Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell'intermedia, e l'intermedia è causa dell'ultima, siano molte le intermedie o una sola; ora, eliminata la causa è tolto anche l'effetto: se dunque nell'ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neppure l'ultima, né l'intermedia. Ma procedere all'infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremo neppure l'effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio.»
La via ex contingentia
«La terza via è presa dal possibile (o contingente) e dal necessario, ed è questa. Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere e non essere; infatti alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose (esistenti in natura sono tali che) possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c'era ente alcuno, è impossibile che qualche cosa cominciasse ad esistere, e così anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in altro essere oppure no. D'altra parte, negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all'infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio.»
Spiegazione
- L'universo è un complesso di esseri contingenti.
- Ma l'essere contingente esige l'essere necessario come sua prima causa.
- Dunque oltre l'universo esiste un essere necessario, creatore dell'universo, che è Dio.
L'universo è un complesso di esseri contingenti. Per spiegare questa prima affermazione basta guardare a ciò che ci circonda, l’universo che scorgiamo sensibilmente è composto da un’infinità di cose: noi uomini, gli animali, le piante, i minerali, gli astri, le cellule, gli elementi chimici, gli atomi e così via… Tutti questi esseri, compreso l’uomo (come abbiamo detto) non sono necessari. Perché? Perché necessario è soltanto ciò che necessariamente è (quindi non può non essere) e che necessariamente è quello che è (quindi non può mutarsi). Invece tutte le cose che compongono l'universo sono mutabili e di fatto continuamente mutano. I viventi nascono, crescono e muoiono; e durante la loro vita si evolvono e si modificano sempre. Le sostanze inorganiche sono ugualmente soggette a continue trasformazioni. Tutto in natura è soggetto a trasformazioni. Dunque tutti gli esseri che costituiscono l'universo sono contingenti.
Ma l'essere contingente esige l'essere necessario come sua prima causa. L’uomo in quanto contingente può essere e non essere. Per esempio alla natura dell'uomo appartiene la razionalità (per cui un uomo senza razionalità è assurdo) ma non appartiene alla natura dell'uomo la bontà, per cui può essere buono e cattivo. Se per sua natura l'essere contingente è indifferente ad essere e a non essere, vuol dire che non ha in sé la ragione sufficiente della propria esistenza; ed allora è chiaro che questa sua esistenza deve averla ricevuta da un altro, cioè ci deve essere un altro ente che sia la ragione sufficiente della sua esistenza, la causa che l'abbia determinato ad essere. Questa causa che l'ha determinato ad essere o è un essere contingente o è un essere necessario. Se è contingente, neppure esso ha in sé la ragione sufficiente della propria esistenza, che perciò deve essere causata da un altro essere; e riguardo a questo si riproduce la medesima questione. Orbene non si può procedere all'infinito nella serie delle cause essenzialmente subordinate, altrimenti si avrebbe una serie infinita di anelli che stanno sospesi senza un fulcro di attacco, si avrebbe, cioè, una serie infinita di specchi che riflettono la luce senza un corpo per sé lucente, una somma di zeri che, per quanto prolungata, non può dare l'unità.
Dunque ci deve essere un essere necessario. Un essere che abbia in sé la ragione sufficiente del proprio essere e che sia ragione sufficiente di tutti gli altri, causa prima dell'universo. Ed allora è evidente la conclusione: oltre l'universo esiste un essere necessario, creatore dell'universo, che è appunto Dio.
La via ex gradu perfetionis
«La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano nelle cose. È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che esse si accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; così più caldo è ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente; perché, come dice Aristotele, ciò che è massimo in quanto vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore, come dice il medesimo Aristotele. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio.»
La via ex fine (o "argomento teleologico")
«La quinta via si desume dal governo delle cose. Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come appare dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d'intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall'arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest'essere chiamiamo Dio.»
Argomentazioni empiriche
Altre argomentazioni si avvalgono di definizioni e assiomi. Ad esempio, alcune di queste argomentazioni richiedono solo che si assuma che esista un universo non casuale in grado di sostenere la vita. Tra queste troviamo:
- L'argomentazione teleologica, che sostiene che l'ordine e complessità dell'universo mostrano segni di una volontà (telos), e che deve essere stato disegnato da un progettista intelligente dotato di proprietà che solo un Dio può avere.
- L'argomentazione antropica si concentra su fatti basilari, come la nostra esistenza, per dimostrare Dio.
- L'argomentazione morale sostiene che la moralità oggettiva esiste e che quindi esiste Dio.
- L'argomentazione trascendentale dell'esistenza di Dio, che sostiene che logica, scienza, etica e altre cose che prendiamo seriamente, non hanno senso se non c'è Dio. Di conseguenza le argomentazioni atee devono alla fine confutare se stesse, se pressate con rigorosa coerenza. Per contro esiste anche una argomentazione trascendentale della non esistenza di Dio.
Argomentazioni deduttive
Le argomentazioni deduttive partono da premesse di tipo logico formale per arrivare ad affermazioni sul piano dell'esistenza, la quale viene ammessa per non urtare il principio di non contraddizione, avvalendosi dunque di una sorta di ragionamento per assurdo. Il passaggio dalla possibilità logica alla necessità dell'esistenza avviene perché ogni altra ipotesi che neghi l'esistenza di Dio risulta logicamente impossibile. In questa categoria rientra in particolare:
- la prova ontologica di Gödel, secondo cui Dio è un Essere che assomma in sé le qualità positive di tutti gli enti reali. Secondo Gödel, Dio deve esistere necessariamente come fondamento dell'ordine matematico dell'universo. La dimostrazione gödeliana, che parte da cinque assiomi e si avvale di un rigido teorema logico-formale, si basa sul fatto che non è logicamente plausibile ammettere la possibilità di un unico Essere provvisto di tutte le "proprietà positive", tra cui la stessa esistenza, senza attribuirgli una realtà effettiva, perché ciò sarebbe una palese contraddizione in termini.
Argomentazioni induttive
Le argomentazioni induttive sostengono le loro conclusioni attraverso il ragionamento induttivo.
- Un altro insieme di filosofi asserisce che le prove dell'esistenza di Dio presentano una probabilità abbastanza alta, anche se non la certezza assoluta. Un numero di punti oscuri, essi sostengono, rimane sempre. Allo scopo di superare queste difficoltà c'è necessariamente o un atto di volontà, un'esperienza religiosa, o il discernimento della miseria del mondo senza Dio, così che alla fine il cuore prenda una decisione. Questa visione è sostenuta, tra gli altri, dallo statista britannico Arthur Balfour nel suo libro The Foundations of Belief (1895). Le opinioni portate avanti in questo lavoro vennero adottate in Francia da Ferdinand Brunetière, editore di Revue des deux Mondes. Molti protestanti ortodossi si esprimono allo stesso modo, come ad esempio il Dott. E. Dennert, presidente della Kepler Society, nel suo lavoro Ist Gott tot?. [4]
Argomentazioni soggettive
Le argomentazioni soggettive si affidano principalmente sulla testimonianza o l'esperienza di determinati testimoni, o sulle proposizioni di una specifica religione rivelata.
- L'argomentazione dei testimoni dà credibilità alle testimonianze personali, contemporanee o storiche. Una variante è l'argomentazione dei miracoli, che si affida alle testimonianze di eventi sovranaturali per stabilire l'esistenza di Dio.
- L'argomentazione cristologica o religiosa è specifica di religioni come il cristianesimo, e asserisce ad esempio che la vita di Gesù, come scritta nel Nuovo Testamento, ne stabilisce la credibilità, e quindi possiamo credere nella verità delle sue dichiarazioni su Dio. Un esempio di ciò è il Trilemma presentato da C.S. Lewis in Mere Christianity.
- L'argomentazione della maggioranza sostiene che persone di tutte le epoche e in luoghi diversi hanno creduto in Dio, quindi è improbabile che non esista.
Argomentazioni basate sull'esperienza personale
- La Scuola Scozzese guidata da Thomas Reid insegna che il fatto dell'esistenza di Dio viene da noi accettato senza conoscenza delle ragioni, ma semplicemente per un impulso naturale. Che Dio esista, dice questa scuola, è uno dei principi metafisici fondamentali, che accettiamo non perché siano evidenti in sé o perché possono essere provati, ma perché il senso comune ci obbliga ad accettarli.
- L'argomentazione da una base propria sostiene che la fede in Dio è "propriamente basilare", vale a dire, simile a affermazioni come "vedo una sedia" o "sento dolore". Tali convinzioni sono non-falsificabili e quindi, non possono essere né provate né confutate; esse riguardano convinzioni percettive o stati mentali indiscutibili.
- In Germania, la Scuola di Friedrich Heinrich Jacobi insegnava che la nostra ragione è in grado di percepire il sovrasensibile. Jacobi distingueva tre facoltà: sensi, ragione, e comprensione. Così come i sensi hanno una percezione immediata delle cose materiali, la ragione ha una percezione inmmediata dell'immateriale, mentre la comprensione porta queste percezioni alla nostra consapevolezza e le unisce l'una con l'altra.[5] L'esistenza di Dio quindi, non può essere provata--Jacobi, come Kant, rigettava il valore assoluto del principio di casualità--deve essere sentita dalla mente.
- Nel suo Emilio, Jean-Jacques Rousseau asseriva che quando la nostra comprensione pondera circa l'esistenza di Dio, non incontra altro che contraddizioni. Gli impulsi del nostro cuore, comunque, hanno più valore della comprensione, e questo ci proclama chiaramente le verità della religione naturale, ovvero l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima.
- La stessa teoria venne sostenuta in Germania da Friedrich Schleiermacher (morto nel 1834), che assumeva un senso religioso interno per mezzo del quale sentiamo le verità religiose. Secondo Schleiermacher, la religione consiste solamente di questa percezione interna, e le dottrine dogmtiche non sono essenziali.[6]
- Molti teologi protestanti moderni seguono le orme di Schleiermacher, e insegnano che l'esistenza di Dio non può essere dimostrata; la certezza di questa verità è fornita solamente dalla nostra esperienza interiore, dai sentimenti e dalla percezione.
- Anche la cristianità modernista nega la dimostrabilità dell'esistenza di Dio. Secondo questa, possiamo conoscere qualcosa di Dio solo tramite l'immanenza vitale, vale a dire che, in circostanze favorevoli, il bisogno di divino che dorme nel nostro subconscio, diventa conscio e risveglia il sentimento religioso o l'esperienza in cui Dio si rivela a noi. In condanna di questa visione il giuramento contro il modernismo formulato da Papa Pio X dice: "Deum... naturali rationis lumine per ea quae facta sunt, hoc est per visibilia creationis opera, tanquam causam per effectus certo cognosci adeoque demostrari etiam posse, profiteor." ("Dichiaro che per illuminazione naturale della ragione, Dio può certamente essere conosciuto e quindi la Sua esistenza può essere dimostrata tramite le cose fatte, ovvero tramite l'opera visibile della creazione, in quanto la causa è nota attraverso i suoi effetti.")
Argomentazioni contro l'esistenza di Dio
Ciascuno dei seguenti argomenti mira a mostrare che alcune particolari concezioni di un dio sono inerentemente prive di significato, contradditorie, o contraddicono fatti scientifici o storici noti, e che quindi un dio così descritto non esiste.
Argomentazioni empiriche
Le argomentazioni empiriche si basano su dati empirici per dimostrare le proprie conclusioni.
- "Nella cornice del razionalismo scientifico uno giunge al credo nella non-esistenza di Dio, non a causa di una certa conoscenza, ma per via di una scala decrescente di metodi. Ad un estremo, possiamo respingere con fiducia gli dei personali dei creazionisti su solide basi empiriche: la scienza basta a concludere oltre ogni ragionevole dubbio che non c'è mai stata un'alluvione planetaria e che la sequenza evoluzionistica del cosmo non segue nessuna delle due versioni della Genesi. Comunque, più ci spostiamo verso un Dio deistico e definito incoerentemente, più il razionalismo scientifico fruga nella sua cassetta degli attrezzi e si sposta dalla scienza empirica alla filosofia logica informata dalla scienza. In ultima analisi, gli argomenti più convincenti contro un Dio deistico sono il detto di Hume e il rasoio di Occam. Questi sono argomenti filosofici, ma costituiscono anche le fondamenta di tutta la scienza, e non possono quindi essere scartate come non-scientifici. La ragione per cui riponiamo la nostra fiducia in questi due principi è perché la loro applicazione nelle scienze empiriche ha portato a spettacolari successi nel corso degli ultimi tre secoli." [7]
- L'argomentazione delle rivelazioni inconsistenti contesta l'esistenza della divinità biblica mediorientale chiamata Dio come viene descritta nelle sacre scritture, come la Tanakh ebraica, la Bibbia cristiana o il Corano musulmano, identificando le contraddizioni tra le differenti scritture, quelle all'interno di una singola scrittura, o le contraddizioni tra le scritture e i fatti noti.
- La teodicea (o "problema della giustizia di Dio") in generale, e le argomentazioni logiche e evidenziali del male in particolare, contestano l'esistenza di un dio che sia contemporaneamente onnipotente e omnibenevolo, sostenendo che un tale dio non permetterebbe l'esistenza del male o della sofferenza percepibili, le quali si può facilmente dimostrare che esistono. Tale argomento viene anche detto argomento morale: se Dio esistesse sarebbe non-morale dal punto di vista della comprensione umana, quindi inutile come riferimento. L'argomento non verte strettamente sull'esistenza di qualsiasi divinità, perciò viene sostenuto anche da teisti e altri gruppi oltre che da atei. Inoltre, essendo Dio infinito per sua stessa natura dovrebbe contenere in sé il male, principio che cozza contro un dogma cattolico che dichiara che da Dio procede solo il bene senza la minima presenza di male in esso.
- L'argomentazione del disegno insufficiente contesta l'idea che un dio abbia creato la vita, sulla base del fatto che le forme di vita mostrano una progettazione scarsa o malevola, che può essere spiegato facilmente usando l'evoluzione o il naturalismo.
- L'argomentazione della non credenza contesta l'esistenza di un dio onnipotente che vuole che gli esseri umani credano in lui, sostenendo che un tale dio farebbe un lavoro migliore per raccogliere i credenti. Questa argomentazione viene contestata dall'affermazione che Dio vuole mettere alla prova gli uomini per vedere chi ha più fede. Ad ogni modo, questa asserzione viene respinta dalle argomentazioni relative al problema del male.
Argomentazioni deduttive
Le argomentazioni deduttive cercano di dimostrare le loro conclusioni con il ragionamento deduttivo a partire da premesse vere.
- Il paradosso dell'onnipotenza e gli altri paradossi teologici, sono una delle molte argomentazioni che sostengono che le definizioni o descrizioni di un Dio sono logicamente contraddittorie, e dimostrano così la sua non esistenza.
- L'argomentazione del libero arbitrio contesta l'esistenza di un dio onnisciente dotato di libero arbitrio sostenendo che le due proprietà sono contraddittorie.
- L'Argomentazione trascendentale della non esistenza di Dio contesta l'esistenza di un creatore intelligente, dimostrando che un tale essere renderebbe dipendenti logica e morale, il che è incompatibile con l'affermazione presupposizionalista che esse sono necessarie, e contraddice l'efficacia della scienza. Una linea di argomentazione più generale basata sull'argomentazione trascendentale della non esistenza di Dio, [8], cerca di generalizzare questa argomentazione a tutte le caratteristiche necessarie dell'universo e a tutti i concetti di dio.
- La controargomentazione dell'argomentazione cosmologica ("l'uovo o la gallina") dichiara che se l'universo è stato creato da Dio perché doveva avere un creatore, allora Dio a sua volta avrebbe dovuto essere stato creato da un altro dio, e così via. Questo attacca la premessa che l'universo sia la "causa seconda" (dopo Dio, che si sostiene essere la "causa prima"). Una risposta comune a questo è che Dio esiste al di fuori del tempo e dell'universo [9], e quindi non necessita di una causa. Questa concezione genera alcuni problemi logici: in primo luogo cozza contro la natura infinita di Dio, non può esistere un "altrove" a un Dio che tutto permea e organizza. in secondo luogo, tale affermazione ricondurrebbe al rasoio di Occam facendo coincidere il caso con quello del primo argomento empirico: il modello logico causale non sarebbe più vantaggioso poiché dipende da un elemento senza causa, elemento che quindi è in più rispetto al necessario.
- Il non-cognitivismo teologico, come usato in letteratura, cerca solitamente di confutare il concetto di dio mostrando che esso è inverificabile e senza significato.
Argomentazioni induttive
Le argomentazioni induttive sostengono le loro conclusioni tramite il ragionamento induttivo.
- L'argomentazione atea-esistenzialista della non esistenza di un essere senziente perfetto, sostiene che poiché l'esistenza precede l'essenza, ne consegue dal significato del termine senziente che un essere senziente non può essere completo o perfetto. La questione viene affrontata da Jean-Paul Sartre in L'essere e il nulla. Secondo Sartre Dio sarebbe pour-soi [un essere per sé; un essere cosciente] che è anche en-soi [un essere in sé; una cosa]: il che è una contraddizione in termini. L'argomentazione viene rieccheggiata nel romanzo di Salman Rushdie, Grimus: "Ciò che è completo è anche morto."
- L'argomentazione del "nessun motivo" cerca di mostrare che un essere onnipotente o perfetto non avrebbe alcuna ragione di agire in alcun modo, in particolare creando l'universo, perché non avrebbe desideri, in quanto il concetto stesso di desiderio è soggettivamente umano. Siccome l'universo esiste, c'è una contraddizione, e quindi, un dio onnipotente non può esistere. Questa argomentazione viene sposata da Scott Adams nel libro God's Debris.
Conclusioni
Le conclusioni sull'esistenza di Dio possono essere approssimativamente divise in due campi: teiste e atee. Entrambi i campi possono essere a loro volta divisi in due gruppi ognuno, basati sul convincimento che la propria posizione sia o meno dimostrata definitivamente dalle argomentazioni.
- per l'ateismo non esistono ragioni sufficienti o necessarie per affermare l'esistenza di Dio; oppure, l'esistenza di Dio è un impossibile dal punto di vista logico.
- per l'agnosticismo non si hanno o non è possibile avere una risposta assoluta al problema dell'esistenza di Dio.
- per il teismo, esistono ragioni sufficienti per credere nell'esistenza di Dio o delle divinità.
Voci correlate
Note
- ^ Anselmo d'Aosta, Proslogion (= "Colloquio"), 1077–1078.
- ^ cfr. Salmi Salmi 14,1;53,1
- ^ Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae (= "Compendio di Teologia"), 1259-1269.
- ^ (Stoccarda, 1908)
- ^ (A. Stöckl, Geschichte der neueren Philosophie, II, 82 sqq.)
- ^ (Stöckl, loc. cit., 199 sqq.)
- ^ ucsd.edu/~eebbesen
- ^ materialist apologetics
- ^ Rich Deem, The Extradimensional Nature of God [1]
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Bibliografia
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