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Intervista

LowLow ci ha raccontato di Giulio, “In prima persona”

LowLow

Abbiamo fatto una chiacchierata con LowLow e ci ha spiegato davvero in prima persona cosa significa per lui questo disco, intitolato proprio In prima persona e pubblicato il 30 luglio 2021 per Epic Records Italy/Sony Music Italy.

Chiacchierando, abbiamo scovato i suoi contrasti, quelli a cui ha attinto per scrivere, perché In prima persona è un progetto in cui mette al centro la sua scrittura. Svela le sue diverse facce, soprattutto quelle che aveva tenuto nascoste fino ad ora, vestendole da rabbia attraverso il rap.
Qui c’è l’R&B, nel feat con Ghemon. C’è l’incontro con le linee melodiche di SVM, Lorenza Anceschi, una delle nuove promesse della scena campana. C’è la collaborazione con Daddy’s Groove, il duo di producer che firma le maggiori dance hit mondiali, il featuring con un veterano come J-Ax, con cui ha creato un pezzo banger sul quale fare critica sociale, ballando. Insomma c’è di più rispetto a quando era il Poeta Incazzato. E di più rispetto a prima, perché è la prima volta che LowLow fa vibrare parti di sé che finora non aveva voluto raccontare nemmeno a Giulio. Sono tutte le parti che vedete in copertina.

E lo avevamo capito subito. Lo avevamo capito da lì, perché è la fotografia di un volto che si frammenta in diversi pezzi, si apre e si racconta. Ma se è vero che non si giudica un disco né un libro dalla copertina, leggete cosa ci ha raccontato lo stesso LowLow.

Parto dalla copertina: c’è l’immagine di un LowLow che si è frantumata, quindi mi viene da dire che lo ha fatto per aprirsi, per raccontarsi, per far sgorgare pezzi di sé…

L’intento è esattamente questo. E mi piace anche molto la scelta delle parole, la metafora del rompersi per mettere a nudo cose che prima restavano intrappolate. La mia è un’apertura verso la scena e anche verso me stesso, per guardarmi dentro con più coraggio, senza dover nascondere i pensieri sotto la rabbia, la rivincita e altre etichette che sono concetti chiave del rap, ma a volte usati anche come cliché.

Per quanto riguarda l’interpretazione grafica siamo passati dalle copertine dei precedenti lavori, come quella con le corna, come i riferimenti satanici, a questa in cui invece c’è ugualmente un’aggiunta di elementi in postproduzione, ma sono pezzi di LowLow che si sovrappongono. Mi divido per rendere più accessibile una complessità.

Ti scindi in pezzi più semplici per farti comprendere. Qui ci sono le tue identità.

Sì, e l’unico modo per non rendere schizofrenico questo disco era unire poi le identità. E il comune denominatore è la mia scrittura.

LowLow, cover di In prima persona
LowLow, cover di “In prima persona”

Ho visto che tu crei una dissonanza. Il primo brano parla di odio, poi il secondo è amore. Inoltre dai vita a una struttura per cui alterni in ogni brano un soggetto diverso della storia, e poi ripeti questa alternanza per tutto il disco: Io, Lei, gli Altri.
Il primo brano sei tu, è la tua carta di identità, poi c’è una lei, racconti di un viaggio in treno dove incontri una ragazza per la prima volta. Nella terza traccia invece c’è la collettività, la fotografia sociale fatta con J-Ax.

Sì è vero, poi ci sono di nuovo io nel quarto brano In terza persona.

Esatto e poi c’è di nuovo una lei: Finché non ti odierò.

È assurdo questo pattern che hai trovato, caspita! Non solo è vero e non me ne ero nemmeno accorto, ma porta a una riflessione in più: proprio perché lo hai trovato te e mi sento tanato dalla tua capacità osservativa, vuol dire che l’ho fatto inconsapevolmente, è subconscio. Significa che riflettendo su questo si può dedurre da quale nucleo affettivo parto. Nonostante in mezzo ci sia tanto, il nocciolo è effettivamente quello che hai detto tu.

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Noti che l’album si conclude con IO? Urlo di aiuto chiude il cerchio. Nel pattern l’ultimo pezzetto sei tu.

Sì e ci sto pensando adesso mentre parlo con te: credo che questo faccia venire fuori alcune delle mie contraddizioni. Una che tengo a difendere, ed è la mia solitudine. Ho tanti stimoli esterni, così tanti che poi sento il bisogno di stare da solo, necessità del mio vuoto. Ci ho messo vent’anni a imparare a stare da solo e sto bene ma è anche vero che solo io lo sono davvero, e non è sempre piacevole. Essendo bravo a parlare non ho problemi a rapportarmi con le ragazze, ma ho problemi a sentire che una persona è indispensabile nella mia vita.

Questo io nell’album l’ho visto sai, nella barra in cui parli di cinismo.

Sì, io tengo insieme dentro me un sistema in cui mi sento produttivo. Mi basta, essere felice non mi serve, non è mai stata una mia priorità. Chiunque incontri sembra poter intaccare quel sistema e quindi lo allontani.

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Segui una sorta di regola per cui vale “solo se non puoi farne a meno”. E ti rispondi sempre che, invece, puoi farne a meno?

Sì, tant’è che non riesco a mettere radici. Questo lo dimostra anche il fatto che a casa non ci sia quasi nulla. Libri, un grande tv e i vestiti perché mi piace la moda., nient’altro. Mi spaventa perdermi dietro qualcuno. In passato ho corso questo rischio. Quindi mi scatta un meccanismo di aggressività e allontano le persone. Resto da solo e sto bene. Ecco che torna la riflessione su Lei e poi sugli altri. Perché sto sacrificando tutto? Spesso me lo chiedo e potrei risponderti che è per l’arte. Invece mi dico “Tu stai scegliendo di vivere male per farti dire bravo dagli altri“. Eppure senza questo non si vive, per me.

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Non si vive senza essere riconosciuti?

Sì, senza voler fare grandi cose, che vengano riconosciute.

Tu non credi nel valore di un’espressione d’arte se autoreferenziale? Nel Faccio questa cosa per me. Giusto?

Sì è così. Quello vorrebbe dire starsene nella propria stanzetta a fare esercizi di stile e io invece non nego il confronto col mondo. Quindi sembro impermeabile a e ai no degli altri, però poi alla fine fondo tutto sull’approvazione degli altri.

Dici che sembri impermeabile agli altri perché tanto stai bene da solo. Ti definisci cinico etc., ma quando scrivi nel disco “Cosa scegli tra passione e soldi?” e descrivi delle dicotomie oggetti/persone, Individui/nazione, che risposta ti daresti?

Passione.

Vedi, il bello è questo, è la contraddizione che descrivevi prima riguardo te stesso.

La motivazione è sempre stata arrivare, ma i soldi sono solo un mezzo. Non amo l’ostentazione.

Infatti mi sembra che è un argomento che non riporteresti nella tua musica.

Sì, perché non vengo da un vissuto personale in cui il benessere materiale è l’obiettivo. Non è perché critico chi parla dei soldi.

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Certo, lo capisco perché se non vieni da quella difficoltà, non è quello che vuoi superare. Quello a cui tendi non ha una natura economica ma magari un’altra natura. Ad esempio hai detto che in alcuni brani del disco. hai superato la comfort zone di LowLow. Di cosa è fatta?

Delle gare di freestyle, di La solitudine del numero uno, è dire qualcosa con l’idea di colpire, bruciare. Ma non sono solo questo. E volevo anche uscire dai riferimenti culturali ed estetici attraverso i quali prima mi esprimevo.

Hai abbandonato il citazionismo ma troviamo dei collegamenti culturali anche qua. Verranno colti come nei precedenti dischi, dove erano più palesi?

Non è importante, ma è importante che arrivino dei messaggi.

Capisco che non sono fatti per segnare una tacchetta e dire io parlo di questo libro/ filosofia/ romanzo ma per esprimere un concetto che appartiene a te, quindi quei riferimenti assumono un significato in base a come li usi. Solo uno strumento lungo quale corre quello che vuoi dire tu?

Sì, esatto, non servono a rendere tutto più colto.

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Ma tutto più bello esteticamente… ma Briga cosa pensa di questo disco, oltre la traccia che avete fatto insieme?

Mi ha fatto una telefonata troll dove ha detto che avevo rotto con le mie stories con Wallace… Non so ancora cosa pensa dell’album. In genere mi dà consigli preziosi perché oltre a volermi bene, ha per me stima professionale… anche se poi mi dice “Fratè per quanto parli te uno dopo che se fa na giornata co te vuole morì. Ok sei bravo ma basta!”

Cosa mi dici della produzione con Daddy’s Groove?

Si è aperto un mondo per me perché non avevo mai rappato su queste sonorità, eppure mi piace farlo, è bello scrivere su un ritmo incalzante.

La cassa dritta ti ha stimolato.

Sì come quando scrivevo sui beat classici di Premier. Volevo vedere fino a dove riuscivo a portare questa penna. Con la 808 puoi fare una musica che fa riflettere, ma anche che fa saltare quando la ascolti. Quindi è partito come un esperimento, ma poi ho scoperto che è una strada che voglio continuare a percorrere.

E il featuring con SVM? Sta esplodendo adesso e di qui a poco sarà ancora maggiore l’attenzione su Lorenza. Per il tuo disco ha scritto un bel ritornello, con suggestioni eteree. Come avete lavorato?

Sì io non la conoscevo, aveva lavorato con Big Fish. Le strofe scritte da lei stavano lì ed erano molto belle sulla carta. Fish messo la prima pezza con la base. Poi l’interpretazione di Lorenza ha fatto il resto e sono molto contento del risultato. Quell’atmosfera può caratterizzare il Low Low di adesso.

Quindi è questa la direzione che vuoi dare alla tua musica?

È una delle direzioni che prenderò.

Ho visto un po’ di R&B con Ghemon, un po’ di sperimentazione sonora rispetto al “solo” rap.

L’idea resta esprimermi.

A prescindere dal genere…

Sì, sono molto interessato a scrivere cose intelligenti che però possano far ballare la gente. Sto già lavorando a cose nuove.

Lo so e infatti vorrei da te uno spolier su cosa accadrà a settembre…

Con il disco che è appena uscito, ora dovrei essere concentrato solo su questo e anche un po’ godermelo ma sono uno incapace di stare fermo. Ti anticipo che Urlo di aiuto non è una fine, apre una porta…

Verso la prossima sperimentazione, che andrà ancora più a fondo?

Sì.

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