The mother of all demos
"The Mother of All Demos" (la madre di tutte le demo) è il nome applicato retroattivamente a un'importante demo informatica, tenutasi a San Francisco il 9 Dicembre del 1968, presentata da Douglas Engelbart e organizzata dalla ACM/IEEE (Association for Computing Machinery/Institute of Electrical and Electronics Engineers).[1]
La dimostrazione riguardava l'introduzione di un sistema hardware/software chiamato oN-Line System o, più comunemente, NLS. La presentazione in 90 minuti dimostrò essenzialmente quasi tutti gli elementi fondamentali del moderno personal computer: finestre, ipertesto, interfacce grafiche, navigazione e input di comando efficienti, videotelefonia, mouse, elaborazione testi, link dinamici, controllo revisione, editor collaborativo in tempo reale (lavoro collaborativo). La presentazione di Engelbart fu la prima a mostrare pubblicamente tali elementi in un unico sistema. La dimostrazione fu estremamente efficace, tanto da portare, nei primi anni 70, alla realizzazione di progetti simili presso la Xerox PARC. Queste tecnologie influenzarono, tra il 1980 e il 1990, i sistemi di interfaccia grafica sia di Apple Macintosh, che di Microsoft Windows.
Origine dell'espressione
[modifica | modifica wikitesto]L'espressione "The mother of all demos" in riferimento alla presentazione del '68 compare per la prima volta nel libro del 1994 Insanely Great: The Life and Times of Macintosh, the Computer that Changed Everything, del giornalista Steven Levy, in cui si descrive l'evento in questione come "la voce rassicurante del controllo missione, mentre la vera frontiera finale appariva davanti ai loro occhi. Era la madre di tutte le dimostrazioni (The Mother of All Demos)".[2] Andries van Dam (presente alla dimostrazione) ripeté la frase nel 1995 nell'introdurre Engelbart al simposio "Vannevar Bush" presso il MIT[3]; il sistema di ipertesto FRESS, di van Dam, adottò diversi elementi presentati alla dimostrazione. La frase fu inoltre citata nel libro What the Dormouse Said di John Markoff, scritto nel 2005.[4]
La formula "the mother of all battles", traduzione di un avvertimento emesso in arabo dalle forze armate del leader iracheno Saddam Hussein, entrò nella cultura popolare americana nel 1991, pochi mesi prima dell'inizio della Guerra del Golfo. L'espressione dunque iniziò ad essere utilizzata come snowclone, come termine iperbolico riferibile a più campi.[5]
Contesto
[modifica | modifica wikitesto]Molte delle considerazioni che portarono Engelbart alla realizzazione prima dell'Augmentation Research Center (ARC) e successivamente dell'oN-Line System, trovano ispirazione nella "ricerca culturale" degli anni della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda. Stimolo fondamentale fu l'articolo "As We May Think", scritto da Vannevar Bush e pubblicato sul The Atlantic, che Engelbart lesse nel 1946, mentre era di stanza nelle Filippine, come tecnico radar della Marina degli Stati Uniti.[6] Secondo Engelbart, il corretto utilizzo in una società delle conoscenze scientifiche belliche, presupponeva una corretta gestione e regolamentazione delle stesse.[6]
Nel suo libro From Counterculture to Cyberculture, Fred Turner spiega che tale visione deriva da una riflessione di Englebart sugli effetti potenzialmente indesiderati delle tecnologie nel secondo dopoguerra:[7]
«[T]he American military had developed technologies with which it might destroy the world. In its wake, scientists and technologists had begun to fan out around the globe, seeking to use their knowledge to eradicate disease and increase food production, often in an effort to win the cold war loyalties of Third World nations. Engelbart had read about these efforts and saw that they often backfired. Rapid food production led to the depletion of the soil; the eradication of insects led to ecological imbalances.»
«L'esercito americano aveva creato tecnologie con le quali avrebbe potuto distruggere il mondo. Consapevoli di ciò, scienziati e tecnici iniziarono a spostarsi per il mondo, cercando di utilizzare la loro conoscenza per debellare malattie e aumentare la produzione di cibo nei paesi del terzo mondo, spesso per guadagnarsi la loro fiducia nel contesto della guerra fredda. Engelbart seppe di questi sforzi e vide che spesso fallivano. Una produzione rapida di cibo portava a impoverimento del suolo; l'eliminazione di insetti portava a uno squilibrio ecologico.»
Tali considerazioni condussero all'idea secondo cui i computer avrebbero potuto non solo fare calcoli, ma anche aumentare la capacità della mente umana.[7]
Dimostrazione
[modifica | modifica wikitesto]Nei primi anni sessanta del novecento, Engelbart riunì un gruppo di ingegneri informatici e programmatori presso lo Stanford Research Institute, sede della sua Augmentation Research Center (ARC).[8] L'idea era quella di liberare il computer dal semplice calcolo numerico ed elevarlo a strumento di comunicazione e di recupero delle informazioni.[9] Engelbart era intenzionato a dare vita al progetto Memex di Vannevar Bush: creare una macchina che, utilizzata interattivamente potesse aumentare l'intelligenza umana.[9]
In sei anni, grazie all'aiuto finanziario di NASA e ARPA,[10] il team di Engelbart riuscì a definire gli elementi utili al raggiungimento di tale sistema informatico. Su sollecitazione del direttore dell'ARPA, Robert Taylor, il NLS sarebbe apparso pubblicamente per la prima volta alla conferenza informatica congiunta d'autunno del 1968, presso l'auditorium civico di San Francisco.[11] La sessione di conferenza fu presentata sotto il nome A research center for augmenting human intellect, (un centro di ricerca per aumentare l'intelletto umano).[12] Circa un migliaio di professionisti del computer si presentarono nell'auditorium per assistere alla presentazione;[13] tra questi vi erano anche personaggi di spicco come Alan Kay, Charles Irby, Andy van Dam[14] e Bob Sproull.[15]
Engelbart, con l'aiuto di Bill English, che dirigeva gli elementi tecnici della presentazione, e del suo team, mostrò al pubblico le funzioni dell'oN-Line System.[16][17] Durante la presentazione si utilizzò un videoproiettore Eidophor, che consentiva di visualizzare l'uscita video del computer NLS, su uno schermo di 6.7 metri (22 piedi), grazie al quale il pubblico poteva vedere la dimostrazione di Engelbart.[18] Le immagini proiettate dal computer erano accompagnate da un video live di Engelbart e dei suoi collaboratori, presso l'ARC di Menlo Park, a 48 km di distanza.
I ricercatori dell'ARC crearono inoltre due modem personalizzati a 1200 baud (l'alta velocità del 1968), collegati tramite un circuito diretto numerico, dedicato a trasferire i dati dalla tastiera e dal mouse del computer dell'auditorium civico, al computer SDS-940 della loro sede a Menlo Park.[19][20]
Per poter offrire dei video live bidirezionali tra il laboratorio e la sala conferenze, furono utilizzati due ponti radio. English comandava un mixer video grazie al quale era in grado di controllare cosa veniva visualizzato sul grande schermo. Il cameraman a Menlo Park era Stewart Brand, conosciuto in qualità di editore del Whole Earth Catalog, che consigliò a Engelbart e al team le modalità di presentazione della demo.[20]
Nel corso dei 90 minuti di presentazione, Engelbart usò il suo prototipo di mouse per spostarsi sullo schermo, evidenziare il testo e ridimensionare le finestre.[21] Era la prima volta che veniva presentato pubblicamente un sistema integrato in grado di manipolare il testo sullo schermo.[21][22] Nel mentre, Engelbart appariva in una porzione di schermo, per dimostrare l'editing collaborativo e la teleconferenza. Anche i suoi colleghi dell'ARC, Jeff Rulifson e Bill Paxton, apparvero in altri momenti sullo schermo: aiutavano a modificare il testo da remoto. Mentre si procedeva con l'editing, Engelbart, Rulifson e Paxton potevano vedersi e interagire. Grazie a questa demo si dimostrò anche il concetto di ipertesto: cliccando su un testo sottolineato, si riusciva a raggiungere una nuova pagina di informazioni.[8]
Terminata la dimostrazione, il pubblico reagì con una standing ovation. Fu inoltre messa a disposizione una sala nella quale i partecipanti furono in grado di porre domande e osservare più da vicino le postazione di lavoro NLS.[8]
Conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Prima della dimostrazione, una buona parte della comunità scientifica pensava che Engelbart fosse un folle, "a crackpot"; terminata la presentazione fu descritto invece come uomo risoluto, che affrontò al meglio la situazione.[4]
Van Dam stava lavorando ad un sistema simile; iniziò ad operare sul NLS nel 1967 e notò quanto tale sistema fosse maturo. Nella sessione di domande e risposte post-presentazione, Van Dam pose diversi quesiti a Engelbart.[23] Terminato l'interrogatorio, capì di aver partecipato alla presentazione più rilevante a cui avesse mai assistito.[23] Come sostenne Van Dam, l'impatto diretto sull'informatica però fu limitato:[24]
«Everybody was blown away and thought it was absolutely fantastic and nothing else happened. There was almost no further impact. People thought it was too far out and they were still working on their physical teletypes, hadn't even migrated to glass teletypes yet. So it sparked interest in a small vigorous research community but it didn't have impact on the computer field as a whole.»
«Tutti rimasero sbalorditi e pensavano fosse fantastico, però non accadde nient'altro. Non si andava oltre l'impatto iniziale. La gente pensava fosse tutto troppo lontano e inoltre si stava ancora lavorando sui telescriventi, non ancora dotati di schermo. Quindi suscitò l'interesse di una piccola comunità di ricerca, ma nel complesso non ebbe nessun impatto in campo informatico.»
All'inizio degli anni settanta, gran parte del team di Engelbart lasciò l'ARC; molti entrarono a far parte della Xerox Palo Alto Research Center (PARC), divisione di ricerca della Xerox Corporation.Tra questi vi erano Bill English, che avrebbe poi notevolmente migliorato il mouse;[8] Robert Taylor, ex sostenitore di Engelbart alla NASA e ARPA;[25] e Alan Kay, che presso la PARC realizzò lo Smalltalk, un linguaggio di programmazione orientato agli oggetti.[21]
Nel 1973, lo Xerox Alto era un personal computer perfettamente funzionante, simile al terminale NLS, ma molto più piccolo e con una struttura più rifinita. Con la sua interfaccia grafica (GUI), guidata dal mouse, influenzò poi Steve Jobs, gli Apple Macintosh e, negli anni ottanta, i sistemi operativi.[26] Infine, anche Microsoft Windows seguirà Macintosh, utilizzando un mouse multi-pulsante, come i sistemi di dello Xerox Alto e del NLS.[1]
Engelbart è ricordato gli inventori del mouse e dell'ipertesto, elementi successivamente elaborati da Apple e Microsoft. In occasione del trentesimo anniversario della demo, nel 1998, l'Università di Stanford organizzò un'importante conferenza per celebrare l'impatto visionario di Engelbart sull'informatica e sul World Wide Web.[27][28] Con il quarantesimo anniversario, la demo era annoverata tra le più importanti della storia del computer.[29][30]
La demo fu inoltre rappresentata nel 2015 in una performance d'arte in musica, The Demo, composta ed eseguita da Mikel Rouse e Ben Neill, presentata al Bing Concert Hall di Stanford.[31][32][33]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Edwards, The computer mouse turns 40.
- ^ Levy, Insanely Great, p. 42.
- ^ Van Dam, Brown/MIT.
- ^ a b Metro Newspaper, From Pranksters to PCs.
- ^ American Dialect Society, Words of the Year, 1990 to Present.
- ^ a b Turner, From Counterculture to Cyberculture, p. 106.
- ^ a b Turner, From Counterculture to Cyberculture, p. 107.
- ^ a b c d Wolverton, Remembering Engelbart’s epic demo.
- ^ a b Markoff, What the dormouse said, p. 237, cap. 5.
- ^ Markoff, What the dormouse said, p. 102, cap. 2.
- ^ Markoff, What the dormouse said, p. 240, cap. 5.
- ^ Neuberg, Original Program.
- ^ Tweney, Dec. 9, 1968: The Mother of All Demos.
- ^ Markoff, What the dormouse said, pp. 249-251, cap. 5.
- ^ SRI International, Engelbart and the Dawn of Interactive Computing.
- ^ English è segnato come coautore della conferenza e come uno degli ingegneri principali, responsabile del NLS e della dimostrazione.
- ^ Engelbart & English, A research center for augmenting human intellect.
- ^ Wired Staff, The Click Heard Round The World.
- ^ Nel 1968, 1200 baud (all'epoca 1.2 kbit/s) era veloce per un modem e così fu per decenni. I modem inoltre erano unidirezionali, quindi uno serviva per l'uplink, l'altro per il downlink.
- ^ a b Markoff, What the Dormouse Said, pp. 240-247, cap. 5.
- ^ a b c Metz, The Mother of All Demos — 150 years ahead of its time.
- ^ La società tedesca Telefunken inventò negli anni sessanta un mouse "Rollkugel", rilasciandolo diversi mesi prima della presentazione di Engelbart. Apparve sul volantino pubblicitario del monitor Telefunken SIG-100, nell'ottobre 1968. Per ulteriori informazioni, si faccia riferimento alla storia del mouse. Bülow, Auf den Spuren der deutschen Computermaus
- ^ a b Markoff, What the Dormouse Said, p. 250, cap. 5.
- ^ Van Dam, Keynote Andy van Dam.
- ^ Markoff, What the Dormouse Said, p. 349, cap. 7.
- ^ Gladwell, Creation Myth.
- ^ Blackstone, Of Mouse and Man.
- ^ Doug Engelbart Institute, Celebrating the 30th anniversary.
- ^ Shiels, The Valley Visionaries.
- ^ Doug Engelbart Institute, Celebrating the 40th anniversary.
- ^ Vanhemert, The Most Epic Demo.
- ^ Markoff, The Musical ‘The Demo’.
- ^ Sorensen, World premiere of ‘The Demo’.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Benji Edwards, The computer mouse turns 40, in Macworld, 9 dicembre 2008 (archiviato il 30 aprile 2020).
- (EN) Steven Levy, Insanely great: The Life and Times of Macintosh, the Computer that Changed Everything, New York, Viking, 1994, pp. 292, ISBN 978-0-670-85244-4.
- (EN) The Internet Archive - Doug Engelbart Video Archives, 1995 Vannevar Bush Symposium, Tape 2 - Doug Engelbart, 12 ottobre 1995. URL consultato il 4 maggio 2020.
- (EN) From Pranksters to PCs - An excerpt from John Markoff's "What the Dormouse Said" explains how the '60s counterculture shaped the computer industry, in Metro Newspaper, San Jose, 1-7 giugno 2005 (archiviato il 4 maggio 2020).
- (EN) Fred Turner, From Counterculture to Cyberculture: Stewart Brand, the Whole Earth Network, and the rise of Digital Utopianism, Chicago, University of Chicago Press, 2006, ISBN 9780226817415.
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- (EN) John Markoff, What the dormouse said: how the sixties counterculture shaped the personal computer industry, New York, Penguin Books, 2014, ISBN 978-1-101-20108-4.
- (EN) Dylan Tweney, Dec. 9, 1968: The Mother of All Demos, in Wired, 12 agosto 2008. URL consultato l'11 maggio 2020 (archiviato l'11 maggio 2020).
- (EN) Douglas C. Engelbart e William K. English, A Research Center for Augmenting Human Intellect, in AFIPS Conference Proceedings, vol. 33, San Francisco, 9 dicembre 1968, pp. 395-410. URL consultato l'11 maggio 2020 (archiviato l'11 maggio 2020).
- (EN) Wired Staff, The Click Heard Round The World, in Wired, 1º gennaio 2004. URL consultato l'11 maggio 2020 (archiviato l'11 maggio 2020).
- (EN) Cade Metz, The Mother of All Demos — 150 years ahead of its time It’s not the mouse. It’s what you do with it, in The Register, 11 dicembre 2008. URL consultato il 12 maggio 2020 (archiviato il 12 maggio 2020).
- (DE) Ralf Bülow, Auf den Spuren der deutschen Computermaus, in c't Magazin, 28 aprile 2009. URL consultato il 12 maggio 2020 (archiviato il 5 aprile 2019).
- (EN) Andy Van Dam, Keynote Andy van Dam (ACMHT 2019), a 29 min 15 s. URL consultato il 12 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2020).
- (EN) Malcolm Gladwell, Creation Myth: Xerox PARC, Apple, and the truth about innovation, in The New Yorker, New York, 16 maggio 2011. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
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- (EN) Maggie Shiels, The Valley Visionaries, in BBC News, 12 dicembre 2008. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
- (EN) Kyle Vanhemert, The Most Epic Demo in Computer History Is Now an Opera, in Wired, 30 marzo 2015. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
- (EN) John Markoff, The Musical ‘The Demo’ at Stanford Recreates the Dawn of the Digital Age, in The New York Times, New York, 25 marzo 2015. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
- (EN) Benjamin Sorensen, World premiere of ‘The Demo’ is beautiful, but misses the mark, in The Stanford Daily, Stanford, 5 aprile 2015. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) All of the Words of the Year, 1990 to Present, su American Dialect Society. URL consultato l'8 maggio 2020 (archiviato dall'url originale l'8 maggio 2020).
- (EN) Brad Neuberg, Original Program Announcement for Mother of All Demos, su Coding in Paradise, 21 febbraio 2008. URL consultato l'11 maggio 2020 (archiviato l'11 maggio 2020).
- (EN) Engelbart and the Dawn of Interactive Computing: 40th Anniversary Celebration, su SRI International. URL consultato l'11 maggio 2020 (archiviato l'11 maggio 2020).
- (EN) Doug's Great Demo: 1968, su Doug Engelbart Institute. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
- (EN) The Demo, su MouseSite. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2020).
- (EN) Celebrating the 30th anniversary of Doug's 1968 Demo, su Doug Engelbart Institute. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).
- (EN) Celebrating the 40th anniversary of Doug's 1968 Demo, su Doug Engelbart Institute. URL consultato il 13 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2020).