Tolomeo II e Arsinoe II (invv. 22682, 22681)
Tolomeo II e Arsinoe II (invv. 22682, 22681) | |
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Autore | sconosciuto |
Data | ca. 260 a.C. |
Materiale | granito rosso |
Dimensioni | Tolomeo II: 276 cm – Arsinoe II: 270×Tolomeo II: 43 cm – Arsinoe II: 42×Tolomeo II: 96 cm – Arsinoe II: 81,5 cm |
Ubicazione | Museo gregoriano egizio (Musei Vaticani), Città del Vaticano |
I colossi di Tolomeo II e Arsinoe II (invv. 22682, 22681) sono una coppia di statue egizie di dimensioni monumentali, in granito rosso, raffiguranti il faraone Tolomeo II (282–246 a.C.) e la regina Arsinoe II della Dinastia tolemaica, scoperte nel 1714 nel sito degli Horti Sallustiani, a Roma, e conservate al Museo gregoriano egizio (Musei Vaticani)[1][2].
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Tolomeo II
[modifica | modifica wikitesto]Realizzate per celebrare la divinizzazione di Arsinoe II, morta nel luglio del 268 a.C., furono originariamente posizionate nell'importante città di Eliopoli nel Basso Egitto (centro del culto di Ra e Atum fin dal Periodo Predinastico[3])[1]. Vedova di Lisimaco (generale di Alessandro Magno, poi re di Tracia e di Macedonia) nel 275 a.C. Arsinoe era andata in sposa, secondo l'usanza egizia, al proprio fratello Tolomeo II, faraone d'Egitto; i due fratelli furono chiamati Philadelphoi (in greco antico: Φιλάδελφοι, "fratelli-amanti"). Come "regina dell'Alto e del Basso Egitto", Arsinoe II condivise tutti i titoli regali del fratello, con il quale appare nei ritratti monetali dell'epoca. Nel colosso in questione, la regina è identificata come figlia del dio della terra Geb e perciò nelle vesti di Iside[1]; normalmente rappresentata fuori dell'Egitto come una donna greca della sua epoca (Cammeo Gonzaga?), Arsinoe II compare qui come un'antica regina egizia, con il lungo vestito aderente, la pesante parrucca e i due urei tipici delle "Spose reali" dei faraoni della plurimillenaria storia egizia[4].
Caligola e l'aggiunta del colosso di Giulia Drusilla
[modifica | modifica wikitesto]I colossi furono verosimilmente traslati a Roma per ordine dell'imperatore Caligola (37–41 d.C.), che volle posizionarli negli Horti Sallustiani per decorare un "padiglione faraonico"[5] in onore della propria regalità e famiglia. Caligola nutriva un particolare interesse nei confronti dei culti egizi e pare che talvolta indossasse la barba posticcia tipica dei faraoni[5]. Insieme ai colossi di Tolomeo e Arsinoe, prelevati da Eliopoli, l'imperatore trasferì a Roma anche una celebre statua di Tuia, regina-madre di Ramses II, in granito nero, anch'essa al Museo Gregoriano Egizio[1][5][6]. A questo "gruppo di famiglia" composto da una madre, Tuia, e da due fratelli-sposi, Caligola fece aggiungere una nuova statua della propria sorella Giulia Drusilla nelle vesti di Arsinoe II: morta nel 38, era stata immediatamente divinizzata dal fratello, sospettato di aver intrattenuto con lei relazioni incestuose (il gruppo statuario del fratelli-sposi Tolomeo II e Arsinoe II rafforzerebbe i sospetti in tal senso)[1][5].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e Gruppo con Tolomeo II - Musei Vaticani. URL consultato il 21 giugno 2017.
- ^ Schulz, Seidel 2004, p. 294.
- ^ Le città: Eliopoli, su cartigli.it. URL consultato il 21 giugno 2017.
- ^ Tyldesley 2006, p. 19.
- ^ a b c d Aa.Vv, Caligola. La trasgressione al potere, Gangemi Editore, 23 ottobre 2015, ISBN 9788849297652. URL consultato il 21 giugno 2017.
- ^ Gamba 2006, p. 40.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Claudio Gamba et al., Musei Vaticani. Roma, collana I Grandi Musei del mondo: 5, Rizzoli/Skira/Corriere della Sera, 2006, ISSN 1825-0637 .
- Regine Schulz e Matthias Seidel (a cura di), Egitto: la terra dei faraoni, Gribaudo/Könemann, 2004, ISBN 978-3-8331-1107-5.
- Joyce Tyldesley, Chronicle of the Queens of Egypt, Londra, Thames & Hudson, 2006, ISBN 0-500-05145-3.