Urbanistica romana
L'urbanistica romana era il modo di impiantare la struttura di una città nel mondo romano. Ancora oggi molte città europee e del bacino del Mediterraneo mostrano il retaggio dello schema romano nel loro nucleo più antico.
«Mentre i Greci consideravano di aver raggiunto la perfezione con la fondazione di città, preoccupandosi della loro bellezza, della sicurezza, dei porti e delle risorse naturali del paese, i Romani pensarono soprattutto a quello che i Greci avevano trascurato: il pavimentare le strade, l'incanalare le acque, il costruire fogne che potessero evacuare nel Tevere tutti i rifiuti della città. Selciarono le vie che percorrevano tutti i territori [conquistati], tagliando colline e colmando cavità, in modo che i carri potessero raccogliere le mercanzie provenienti dalle imbarcazioni; le fogne coperte con volte fatte di blocchi uniformi, a volte lasciano il passaggio a vie percorribili con carri di fieno. Tanta è poi l'acqua che gli acquedotti portano, da far scorrere interi fiumi attraverso la città ed i condotti sotterranei, tanto che ogni casa ha cisterne e fontane abbondanti, grazie soprattutto al gran lavoro e cura di Marco Vipsanio Agrippa, il quale abbellì Roma anche con molte altre costruzioni.inoltre le città si distinguono per la presenza di anfiteatri e terme»
Schema ellenistico
[modifica | modifica wikitesto]Nelle nuove colonie fondate dai Romani si assiste a varie fasi nell'evoluzione dell'impianto urbanistico. Le città fondate nel periodo della repubblica romana, almeno nella fase iniziale e centrale, presentano uno schema ancora legato al retaggio greco-ellenistico, come a Cosa o Norba latina.
Queste città hanno l'impianto con una rete stradale ortogonale, che divide lo spazio in isolati quadrangolari regolari, ma che non dispone di un preciso centro cittadino, con una o talvolta due aree sacre sopraelevate (acropoli). Questo schema urbanistico richiamava quello di Ippodamo. In questo tipo di impianto, mancando un centro, i singoli quartieri e isolati avevano tutti un'importanza equivalente.
Schema regolare con struttura ortogonale
[modifica | modifica wikitesto]Più diffuso è lo schema organizzato su due assi principali ortogonali, il cardo maximus (asse nord-sud) e il decumanus maximus (est-ovest), che si incontrano al centro della città dove si trova il Forum. La forma della città poteva essere quadrangolare o anche, a seconda del territorio, irregolare, ma lo schema dell'impianto era piuttosto fisso. Un esempio ben conservato è Silchester in Gran Bretagna oppure, in Italia, città come Pavia, Aosta, Torino e Firenze.
Questo schema urbanistico era probabilmente derivato dalla centuriazione romana. Nel foro si svolgevano le riunioni politiche, veniva amministrata la giustizia, si esercitava il commercio e si svolgevano le cerimonie religiose.
Schema decentrato
[modifica | modifica wikitesto]Un altro tipo di schema urbanistico era quello dove il cardo e il decumanus non si incontravano al centro della città, ma in posizione più laterale, come a Julia Augusta Taurinorum (Torino) e ad Augusta Prætoria (Aosta). In questo caso il modello derivò dall'accampamento romano degli eserciti.
Roma
[modifica | modifica wikitesto]Roma, come tutte le città di fondazione molto antica, non aveva alcuno schema preordinato e molte delle sue caratteristiche urbane erano state dovute alla forma del territorio (compresi i torrenti, i piccoli rilievi e gli acquitrini poi fatti scomparire col tempo) e ad ancestrali usi.
Il centro della vita sociale si svolgeva al Foro Romano, che si estendeva tra il Campidoglio e il Palatino ed era in comunicazione stretta con l'area mercantile del Foro Olitorio, dove si trovava il porto fluviale sul Tevere e il Pons Sublicius, che permetteva l'attraversamento del fiume all'altezza dell'Isola Tiberina.
Col tempo il Foro Romano, affiancato dagli altri Fori Imperiali, perse la funzione commerciale per divenire un luogo prettamente monumentale e di rappresentanza.
Note
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Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti antiche
- Fonti storiografiche moderne
- Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, vol. 1, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 88-451-7107-8.