Cintia, la doglia mia cresce con l'ombra
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E a le tue mura intorno
3Vo pur girando il piè notturno amante.
Tuffato il carro ha già nel mar d'Atlante
Il condottier del giorno,
6E caligine densa il cielo adombra:
Alto silenzio ingombra
La terra tutta, e nell’orror profondo
9Stanco da l’opre omai riposa il mondo.
Io sol non poso, e la mia dura sorte
Su queste soglie amate
12Nell’altrui pace a lagrimar mi mena.
Tu pur odi il mio duol, sai la mia pena;
Apri, deh! per pietate
15Apri, Cintia cortese, apri le porte.
Sonno tenace e forte
De la vecchia custode occupa i sensi:
18Apri, Cintia; apri, bella; oimè, che pensi?
Vuoi tu dunque, crudel, ch’io qui mi mora,
Mentre più incrudelisce
21La gelid’aria del notturno cielo?
D’ispide brine irta è la chioma; il gielo
Le membra istupidisce;
24Qual foglia i’ tremo, e tu non m’apri ancora?
Durissima dimora!
Ma tu dormi fors’anco, e ’l mio tormento
27Non ode altri che l’ombra, altri ch’il vento.
O Sonno, o de’ mortali amico nume,
Sopitor de’ pensieri,
30Sollevator d’ogn’affannato core:
Deh, s’egli è ver ch’ardessi unqua d’amore,
Da que’ begl’occhi alteri,
33Che stan chiusi al mio mal, spiega le piume;
Tornerai pria ch’allume
La bell’aurora il ciel; vanne soltanto
36Che Cintia oda il mio duol, senta il mio pianto.
Vanne, Sonno gentil, vattene omai;
Così luce nemica
39O strepito importuno mai non ti svegli;
Così, d’onda Letea sparsa i capegli,
La tua leggiadra amica
42Ti dorma in seno, e non sen parta mai.
Sonno, ancor non ten vai?
Dimmi, nume insensato, iniquo dio,
45Dimmi, Sonno crudel, che t’ho fatt’io?
Tu de l’Erebo figlio, e de l’oscura
Morte fratel, non puoi
48Maniere usar, se non atroci ed empie,
Possanti inaridire in su le tempie
I papaveri tuoi,
51E siati Pasitea sempre più dura;
E per maggior sciagura
Vigilia eterna ognor t’opprima e stanchi
54Sì, ch’agl’occhi del Sonno il sonno manchi.
Porte, ma voi, voi non v’aprite. Ah pèra
Chi dall’alpine balze
57Trasse, per voi formar, la quercia e ’l cerro:
Cingasi pur d’inespugnabil ferro,
E vallo e mura innalze
60Città ch’oppressa è da nimica schiera;
Ma se tromba guerriera
Qua non giunge col suono, or quai sospetti
63Munir ci fan con tanta cura i tetti?
O mille volte e mille età beata,
Quando a l’ombra de’ faggi
66Dormian senza timor le prische genti!
Ricco allor il pastor di pochi armenti
Non paventava oltraggi
69Di ladro occulto, o di falange armata:
Avarizia mal nata
Fu che pose ai tesor guardie e custodi,
72E mostrò i furti, ed insegnò le frodi.
Porte sorde agli amanti, adunque invano
Di giacinti odorosi
75Ho tante volte a voi ghirlande inteste?
O venti, o pioggie, o fulmini, o tempeste,
Scendete impetuosi,
78Stendete voi le dure porte al piano;
E tu, lenta mia mano,
Invendicata ancor l’ore ten passi?
81Se ti mancan le fiamme, eccoti i sassi.
Lasso, ma che vaneggio? In ciel già rare
Scintillano le stelle,
84Già s’intreccia di fior l’alba le chiome.
Santi numi del ciel, s’in vostro nome
D’odorate fiammelle
87Arder fec’ io più d’un divoto altare,
De le mie pene amare
Pietà vi punga; e, se giustizia ha il polo,
90Levatemi di senso, ovver di duolo.
Voi che mutate a l’uom sembiante e spoglia,
Ch’altri volar per l’etra,
93Altri fate vagar disciolto in onda;
Voi che Narciso in fior, che Dafne in fronda
Cangiaste, in dura pietra
96Me trasformate ancor su questa soglia.
Cesserà la mia doglia,
E godrò ch’al mattino, ove si desti,
99Cinzia col piè mi prema e mi calpesti.