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Io guardo fra l'erbette e per li prati

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Fazio degli Uberti

Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Letteratura Io guardo fra l'erbette e per li prati Intestazione 25 marzo 2022 75% Poesie

Questo testo fa parte della raccolta The Oxford book of Italian verse


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I
O guardo fra l’erbette e per li prati,

E veggio isvarïar di più colori
               Gigli, vïole e fiori
               Per la virtù del sol che fuor li tira.
               5E son coperti i poggi, ove ch’io guati,
               D’un verde che rallegra i vaghi cori;
               E con soavi odori
               Giunge l’orezza che per l’aere spira;
               E qual prende e qual mira
               10Le rose, che son nate in su la spina,
               E così par ch’Amor per tutto rida;
               E ’l desìo che mi guida
               Però di consumarmi il cor non fina;
               Nè farà mai, s’i’ non veggio quel viso
               15Dal qual più tempo stato son diviso.
          Veggo gli augelli a due a due volare
               E l’un l’altro seguir tra gli arboscelli,
               Con far nidi novelli,
               Trattando con vaghezza lor natura.
               20E sento ogni boschetto risonare
               De’ dolci canti lor, che son sì belli
               Che vivi spiritelli

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               Paion d’amor, creati a la verdura;
               Fuggita han la paura
               25Del tempo, che fu lor cotanto greve,
               E così par ciascun viver contento.
               Ed io, lasso! tormento
               E mi distruggo come al sol la neve;
               Perchè lontan mi trovo dalla luce
               30Che ogni sommo piacer seco conduce.
          Simil con simil per le folte selve
               Si trovan i serpenti a suon di fischi;
               In fino a’ basilischi
               Seguon l’un l’altro con benigno aspetto;
               35E i dragoni e l’altre fere belve,
               Che sono a riguardar sì pien di rischi,
               Punti d’amore e mischi
               D’un natural piacer prendon diletto.
               E così par costretto
               40Ogni animal che in su la terra è scorto
               In questo primo tempo a seguir gioia:
               Sol io ho tanta noia
               Che mille volte il dì son vivo e morto,
               Secondo che mi sono o buoni o rei
               45I subiti pensier ch’io fo per lei.
          Surgono chiare e fresche le fontane
               L’acqua spargendo giù per la campagna,
               Che rinfrescando bagna
               L’erbette e i fiori e gli arbori che trova.
               50E i pesci ch’eran chiusi per le tane,
               Fuggendo del gran verno la magagna,
               A schiera e a compagna
               Giuocan di sopra, sì ch’altrui ne giova:
               E così si rinnova
               55Per tutto l’alto mare e per li fiumi

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               Fra loro un disìo dolce che gli appaga.
               E la mia cruda piaga
               Ognor crescendo par che mi consumi;
               E farà sempre, fin che ’l dolce sguardo
               60Non la risanerà d’un altro dardo.
          Donne, donzelle e giovinette accorte
               Rallegrando si vanno alle gran feste,
               D’amore sì punte e deste,
               Che par ciascuna che d’amor s’appaghi;
               65Ed altre ancora in gonnellette corte
               Giuocano all’ombra delle gran foreste,
               Tanto leggiadre e preste,
               Qual solean ninfe stare appresso i laghi;
               E i giovinetti vaghi
               70Veggio seguire e donnear con loro,
               E tal or a danzare a mano a mano.
               Ed io, lasso! lontano
               Da quella che parrebbe un sol tra loro,
               Lei rimembrando tale allor divegno,
               75Che pianger fo qual vede il mio contegno.
          Canzone, assai dimostri apertamente
               Come natura in questa primavera
               Ogni animale e pianta fa gioire,
               Ed io son sol colui che la mia mente
               80Porto vestita d’una veste nera,
               In segno di dolore e di martire;
               Poi conchiudo nel dire,
               Che allor termineràn queste mie pene
               Che ad occhio ad occhio rivedrò il bel volto.
               85Ma vanne omai! ch’io ti conforto bene,
               Ch’a ciò non starò molto,
               Se gran prigione o morte non mi tiene.