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FRANCESCO MARIA MOLZA
96E il consiglio seguir fedele e saggio.
Ecco Giove, che in ciel fra mille lampi
Da folgorando il segno, e lo percuote:
Ecco i destrier per gli aerosi campi
100Fuggir turbati a parti più remote,
Là dove par che minor fiamma avvampi
Così dal carro ardente, e da le ruote
Cadde il misero in Po nel fiume avvolto,
104Tardi pentito de l’ardir suo stolto.
L’umor, che col cader si frange, e parte
Là ’ve più molle ha il Re de’ fiumi il piede,
Rassomiglia sì il ver, che dirai: l’arte
108Quivi d’assai pur la natura eccede.
Con sì alto sapor l’opra comparte,
Chi che si fosse, che tal pegno diede
Del saggio ingegno suo chiaro e gradito,
112E mosse a fama gloriosa ardito.
Da l’altra parte v’è intagliato il pianto
Che fan le sue dolenti e pie sorelle
Lungo il gran fiume, ove si dolser tanto
116Ch’il cordoglio n’andò sovra le stelle:
Onde, cangiato il lor corporeo manto,
Le vaghe membra, e le chiome irte e belle,
Come il ciel per pietà dispose c volse,
120Tenera fronde e duro legno avvolse.
Le braccia in rami andaro, in fronde il crine,
E i piedi diventâr ferme radici;
Cotal ebbe il lor pianto acerbo fine,
124E le luci già sante, alme, beatrici,
E le polite membra e pellegrine,
Ch’altri sperar godendo esser felici,
Per divina sentenza in breve forza
128Una amara converse e dura scorza.
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