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EUSTACHIO MANFREDI
Felice il suol cui ’l pondo
Premea del bel piè bianco
O del giovenil fianco,
45O percotea lo sfavillar degli occhi;
Ch’ivi i fior visti o tocchi
Intendean lor bellezza, e che que’ rai
Movean più d’alto che dal sole assai.
Stavasi vostra mente
50Paga intanto e serena,
D’alto mirando in noi la sua virtute;
Vedea quanta dolcezza e quanta pena
Destasse in ogni petto a lei rivolto,
Ed udía sospiri e tronche voci e mute;
55E per nostra salute
Crescea grazie al bel volto,
Ora inchinando il chiaro sguardo ardente,
Ora soavemente
Rivolgendolo fiso
60Contro dell’altrui viso,
Quasi col dir: ‘ Mirate, alme, mirate
In me che sia beltate,
Chè per guida di voi scelta son’io,
Ed a ben seguirmi condurrovvi in Dio.’
65Qual’io mi fessi allora,
Quando il leggiadro aspetto
Pien di sua luce agli occhi miei s’offrío,
Amor, tu ’l sai, che il debile intelletto
Al piacer confortando, in lei mi festi
70Veder ciò che vedem tu solo ed io,
Ed additasti al cor mio
In quai modi celesti
Costei l’alme solleva e le innamora:
Ma più d’Amore ancora
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