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JACOPO VITTORELLI
Odio gli affanni tuoi,
Ricuso i tuoi giacinti:
Che giovano agli estinti
8Due lagrime o due fior?
Empia! Dovevi allora
Porgermi un fil d’aita,
Quando traea la vita
12Nell’ansia e nei sospir.
A che d’inutil pianto
Assordi la foresta?
Rispetta un’ombra mesta,
16E lasciala dormir.
271 | Sonetto |
Lieti e miseri padri il ciel ne feo;
II ciel, che degne di più nobil sorte
4L’una e l’altra veggendo, ambo chiedeo.
La mia fu tolta da veloce morte
Alle fumanti tede d’Imeneo;
La tua, Francesco, in suggellate porte
8Eterna prigioniera or si rendeo.
Ma tu almeno potrai della gelosa
Irremeabil soglia, ove s’asconde,
11La sua tenera udir voce pietosa.
Io verso un fiume d’amarissim’onde,
Corro a quel marmo in cui la figlia or posa,
14Batto e ribatto, ma nessun risponde.
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