Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
VITTORIO ALFIERI
279 | (Per farsi libero, dona il suo patrimonio) |
O vero o finto appo ad ogni altri insegna,
Io per sempre vi assume oggi, chè degna
4Libertà vera ho compra al fin del tutto.
Rotti ho i ceppi in cui nacqui: a ciglio asciutto
Gli agi paterni dono, e in un la indegna
Lor servitù, che a star tremante insegna
8E a non côr mai d’alto intelletto il frutto.
L’ostro, l’infamia, i falsi onori, e l’oro
Abbian quei tanti in cui viltade è innata,
11Pregio il servire, il non pensar decoro.
Io per me sorte stimo assai beata
Non conoscer nè ambire altro tesoro
14Che fama eterna col sudor mercata.
280 | (Al suo cavallo tornante da Roma ov’era la sua donna) |
Che dell’alato piè giovato hai spesso
Al tuo signor sì ch’ei seguía dappresso
4Il cervo rapidissimo fuggente;
Tu riedi a me, da non gran tempo assente:
Ma pur più non ritrovi in me lo stesso,
Ch’io son da mille e mille cure oppresso,
8Egro di core, d’animo e di mente.
M’è il rivederti doglia e, in un, diletto;
Di là tu vieni ov’è il mio sol pensiero . . .
11Sovvienti ancor, quand’ella il collo e il petto
T’iva palpando, indi con dolce impero
Tuo fren reggeva? E tu, pien d’intelletto,
14Del caro peso te ne andavi altero.
373 |