Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
GIACOMO LEOPARDI
Così star suole in piede
Quale star può quel ch’ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che desolate a bruno
160Veste il flutto indurate, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e sulla mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
165Il mare, e tutto di scintilla in giro
Per lo voto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch’a lor sembrano un punto,
E sono immense in guisa
170Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente: a cui
L’uomo non pur, ma questo
Globo ove l’uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
175Quegli ancor più senz’alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo
E non la terra sol, ma tutte, in uno
Del numero infinite e della mole,
180Con l’aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra un punto
Di luce nebulosa: al pensier mio
Che sembri allora, o prole
185Dell’uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch’io premo; e poi, dall’altra parte,
Che te signora e fine
476 |