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Thomas Hobbes e John Locke a confronto

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Thomas Hobbes e John Locke a confronto
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Storia delle dottrine politiche
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John Locke Storia delle dottrine politiche Montesquieu
La decapitazione di Carlo I (Edimburgo, National Gallery of Scotland); la guerra civile influenzò profondamente il pensiero di Hobbes.
Thomas Hobbes (particolare di un ritratto di John Michael Wright, Londra, National Portrait Gallery)

Nel precedente paragrafo riguardante John Locke abbiamo visto di come Locke avesse dedicato un intero trattato per smontare la tesi del potere divino di Filmer. Tuttavia non è Filmer il vero opposto di Locke, bensì Thomas Hobbes: perché?

La distinzione tra Hobbes e l'altro grande filosofo politico inglese del 1600, Locke deriva soprattutto dal vicino, ma profondamente diverso periodo storico in cui sono vissuti. In Inghilterra, infatti, nel 1600 ci sono state due rivoluzioni, quella sanguinosa degli anni '40 (epoca in cui scrive Hobbes) e quella degli anni '80, detta Gloriosa (epoca in cui vive Locke): mentre la prima è una vera e propria guerra civile, una vicenda traumatica, la seconda rivoluzione è considerata un fatto altamente positivo (non morirono molte persone), l'atto con cui l'intera società inglese si è sbarazzata di una monarchia oppressiva e ha dato vita ad una monarchia costituzionale. Il fatto stesso che Hobbes abbia maturato le sue idee e i suoi scritti nel corso della prima rivoluzione e Locke nella seconda, è significativo per capire le differenze tra i due pensatori.

  • Per Hobbes la cosa che va evitata più di ogni altra è la guerra civile, per Locke la perdita della libertà. Hobbes mira alla sicurezza, Locke ad una società liberale e dove ognuno possa raggiungere la felicità.

Hobbes è il filosofo del caos, l'uomo hobbesiano lasciato alle sue inclinazioni non è capace di convivere col simile ma solo di combatterlo, lo stato di natura è guerra, negazione radicale di ogni altra attività umana; Locke è il filosofo dell'ordine, lo stato di natura che emerge dalle sue opere è una rete assai sofisticata di relazioni umane che solo inconvenienti latenti tendono a trasformare in uno stato di guerra.

Se per Hobbes il Leviatano è il rimedio a una condizione generale di morte, rimedio che può ben richiedere il sacrificio di ogni libertà in quanto l'ordine e la pace scaturiscono dall'emergere dello Stato, per Locke il governo civile succede a una condizione di insicurezza sì, ma pur sempre di rapporti articolati e pacifici: qui prima del governo ci sono già i contratti, la moneta, la proprietà, il lavoro salariato; conseguentemente il governo sarà chiamato a garantire queste attività e gli uomini non saranno disposti a pagare qualunque prezzo per la sua protezione.

John Locke (ritratto di John Greenhill, Londra, National Portrait Gallery)

Hobbes è generalmente considerato il teorico dell'assolutismo in ambito politico, in quanto per uscire dallo stato di natura, in cui tutti gli uomini sono potenzialmente in pericolo, si devono delegare tutti i diritti di natura allo Stato che non solo non ha doveri ma è ineliminabile, pena il ritorno allo stato di natura e alla guerra di tutti contro tutti. Al contrario, secondo Locke, teorico del Liberalismo, se lo Stato non assolve il proprio dovere di salvaguardia dei cittadini può essere abbattuto (diritto di resistenza); secondo Locke, inoltre, il potere può essere diviso, cosa che per Hobbes è inconcepibile.

Il giusnaturalismo

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Nella dottrina giusnaturalistica occupano un posto centrale le nozioni di stato di natura e di contratto sociale. Per Thomas Hobbes, il passaggio da uno stato di natura, in cui gli individui vivono isolatamente e in perenne conflitto, a una civile convivenza avviene per mezzo di un patto che segna il trasferimento dei diritti naturali di ciascun individuo alla volontà del sovrano, unico depositario della forza (vedi anche Contrattualismo). Su tali basi, Hobbes intende la legge naturale come “un dettame della retta ragione” che impone di ricercare la pace come condizione per la conservazione della vita.

Secondo un altro grande teorico del giusnaturalismo, John Locke, “la legge di natura insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l'altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà”. Pertanto, Locke delinea un modello di convivenza civile che, se da un lato riprende l'ipotesi contrattualista di Hobbes, dall'altro ne elimina i tratti assolutistici, assegnando allo Stato, in una prospettiva liberale, il compito di salvaguardare tutti i diritti naturali dei cittadini.